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Cenni storici e curiosità

Alimento prodotto principalmente con farina, acqua, sale e un agente lievitante; impastato, lievitato, formato e cotto in forno. In Medio Oriente e in Europa, l’importanza del pane è sempre stata considerevole, dal punto di vista alimentare e simbolico. Per i cristiani, nell’Eucarestia, il pane rappresenta il corpo di Cristo. Un gran numero di espressioni, inoltre, sottolinea l’importanza del pane: “guadagnarsi il pane con il sudore della fronte”, “levarsi il pane di bocca”, “buono come il pane”.

 Si narra che la scoperta del pane lievitato fu conseguenza di un fatto casuale avvenuto presso un panettiere egiziano, il quale avrebbe dimenticato per diverse ore a temperatura ambiente una pappa di cereali che, contaminata da un lievito naturale o da batteri, sarebbe fermentata e lievitata in seguito alla riproduzione dei microrganismi nella farina.

Il primo agente lievitante utilizzato dagli Egizi fu il fermento o pasta acida, ovvero una pasta lievitata il giorno prima con un lievito naturale e i batteri presenti nell’aria. Gli Egizi furono quindi i primi panificatori professionisti e, a loro, si deve anche l’invenzione del forno con la camera di combustione separata da quella di cottura.

Gli Ebrei avrebbero appreso dagli Egizi a produrre il pane lievitato e durante l’esodo, non disponendo di lievito, avrebbero creato il pane azzimo.

Successivamente i Romani adottarono i procedimenti di panificazione degli Egizi, diffondendoli poi per l’Impero.

Si racconta anche che nel III secolo a. C. i Greci fossero divenuti maestri nella panificazione e che producessero 70 tipi di pane. Furono loro probabilmente i migliori panettieri dell’antichità!

Da quest’epoca si tramanda l’uso del lievito di birra, che produce un pane leggero e gonfio.

Il pane consumato dall’aristocrazia era prodotto da farina setacciata a lungo, mentre il popolo consumava pani integrali, più semplici da preparare. Solo a partire dal Medioevo i pani cominciarono a diversificarsi.

Alla fine del XVIII secolo, negli Stati Uniti fu introdotto l’uso di una forma grezza di bicarbonato di sodio, che consentì di abbreviare i tempi di preparazione del pane. Questa polvere infatti, agisce più rapidamente del lievito grazie al calore della cottura.

A partire dal 1850 l’uso del lievito chimico si diffuse nel mondo intero.

Oggi l’industria della panificazione è molto meccanizzata, in funzione di una produzione di pane su larga scala. La fermentazione naturale della pasta (quando farina e acqua sono mantenute per un certo periodo di tempo a temperatura ambiente) è un processo lungo e imprevedibile.

Per tale motivo si è passati all’uso del fermento, una porzione di pasta fermentata cruda prelevata da una precedente panificazione. Il fermento è acido e ciò inibisce la formazione di batteri patogeni. Comunemente chiamato pasta acida, si deteriora se non viene utilizzato entro una settimana, quindi è necessario aggiungere farina e acqua se lo si vuole conservare più a lungo.

Rinfrescare la pasta acida con aggiunta di acqua e farina prima della panificazione  è un’operazione piuttosto laboriosa. Per questo motivo è stata sostituita dal più pratico lievito di birra, che agisce in modo più rapido ed è costituito da lieviti Saccharomyces cerevisiae. Il lievito è una coltura viva. Industrialmente si produce inoculando una colonia di lieviti su un terreno di coltura generalmente costituito da melassa di bietola, acqua, acido solforico, solfato di calcio, Sali di ammonio, fosfato di sodio e solfato di magnesio.

Il pane nella legislatura italiana

Per tutelare il pane, chi lo produce e chi lo consuma, in Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni.

Negli anni del boom economico e in un periodo storico in cui l’Italia era interessata dalla ripresa e dal fiorire dell'intero sistema produttivo dopo gli anni della guerra, il Parlamento italiano promulgò la legge n.580 del 4 luglio 1967,che disciplinava la lavorazione e il commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari.

Circa trent’anni dopo fu emanato il DPR 30 novembre 1998, n. 502, recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane.

Al Titolo IIIArt. 14 della Legge n.580 troviamo la definizione di pane comune, ovvero il “prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio)”.

La legge (Art. 16) stabilisce il massimo contenuto di acqua da utilizzare all'interno delle varie ricette di pane, qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato, ad eccezione del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un aumento del 2%:

  • pezzature sino a 70 g, max 29%
  • pezzature da 100 a 250 g, max 31%
  • pezzatura da 300 a 500 g, max 34%
  • pezzature da 600 a 1000 g, max 38%
  • pezzature oltre i 1000 g, max 40%.

Sono definiti altresì i diversi tipi di pane e le relative denominazioni di vendita:

  • il pane prodotto con farina di grano tenero tipo 00 è denominato «pane di tipo 00»;
  • il pane prodotto con farina di grano tenero tipo 0 è denominato «pane di tipo 0»;
  • il pane prodotto con farina di grano tenero tipo 1 è denominato «pane di tipo 1»;
  • il pane prodotto con farina di grano tenero tipo 2 è denominato «pane di tipo 2»;
  • il pane prodotto con farina integrale è denominato «pane di tipo integrale»;
  • il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato, è denominato rispettivamente «pane di semola» e «pane di semolato».

Secondo il DPR 30 novembre 1998, n. 502 nella produzione del pane possono essere impiegate farine alimentari quali orzo, farro, segale, etc., miscelate con sfarinati di grano. In tal caso il pane prenderà denominazione di “Pane al” seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante impiegato, mentre gli altri sfarinati figureranno nell’elenco degli ingredienti.

I diversi tipi di pane - sopra descritti -, devono essere posti in vendita in scomparti o recipienti separati, recanti un cartellino con l’indicazione del tipo di pane e il relativo prezzo.

L’articolo 19 della legge n.580 individua un’altra tipologia di pane, ovvero il pane speciale e nel DPR n. 502 del 1998 sono stabiliti gli ingredienti consentiti: farina di cereali maltati, estratti di malto, alfa e beta amilasi, paste acide essiccate, farine pregelatinizzate di frumento, glutine, amidi alimentari, zuccheri.

È inoltre consentito l’impiego di materia grassa (burro, olio di oliva - escluso l'olio di sansa di oliva rettificato -, strutto), latte, fichi, olive, etc. etc.

Quando nella produzione del pane sono impiegati altri ingredienti alimentari, diversi da quelli previsti dall'articolo 14 della legge 4 luglio 1967 n. 580 e dall'articolo 3 del DPR 30 novembre 1998, n. 502, la denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell'ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti. Tale pane venduto allo stato sfuso, deve essere tenuto, nei locali di vendita, in scaffali separati.

Inoltre:

  • il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3% di materia grassa totale riferito alla sostanza secca;
  • il pane con aggiunta di malto deve contenere non meno del 4% di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferiti alla sostanza secca;
  • il pane con aggiunta di zuccheri deve contenere non meno del 2% di zuccheri riduttori riferito alla sostanza secca;
  • lo strutto commestibile, ottenuto dai tessuti adiposi del suino, è designato con la sola parola strutto;

Ai pani ottenuti con sfarinati alimentari diversi da quelli di grano o miscelati con questi ultimi, nonché ai pani ottenuti con l'aggiunta di altri ingredienti alimentari (strutto, olio, etc.), si applicano le percentuali di umidità descritte nell’Art. 16 della legge 4 luglio 1967, n. 580, aumentate del 10%.

È altresì possibile immettere in vendita pane parzialmente cotto, pane surgelato e pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o no.

Il pane parzialmente cotto destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta la denominazione "pane" completata dall’indicazione "parzialmente cotto" e l’avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e relative modalità della stessa.

Nel caso di prodotto surgelato, l'etichetta dovrà riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti surgelati e la menzione "surgelato".

l pane ottenuto mediante completamente di cottura da pane parzialmente cotto, surgelato o non surgelato, deve essere distribuito e messo in vendita in comparti separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati riportanti oltre alle indicazioni dalla normativa vigente in materia di etichettatura, anche:

  • "ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato" in caso di provenienza da prodotto surgelato;
  • "ottenuto da pane parzialmente cotto" in caso di provenienza da prodotto non surgelato né congelato (DPR 30 novembre 1998, n. 502).

Le Legge 4 luglio 1967, n. 580 (rivista in parte con il DPR 30 novembre 1998, n. 502), stabilisce anche che:

  • il pane deve essere venduto a peso;
  • la vendita al pubblico del pane può essere esercitata solo dagli esercizi che abbiano ottenuto la prescritta licenza di commercio, nella quale la voce «pane» sia indicata in modo specifico;
  • il trasporto del pane dal luogo di lavorazione all'esercizio di vendita, deve essere effettuato in recipienti lavabili e muniti di copertura a chiusura, in modo che il pane risulti al riparo dalla polvere e da ogni altra causa di insudiciamento.
  • è vietato vendere o detenere per vendere pane alterato, adulterato, sofisticato o infestato da parassiti animali o vegetali.

È da ricordare infine, che nel 2018 il Ministro dello Sviluppo Economico - di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo e il Ministro della Salute- ha emanato il Decreto interministeriale 1° ottobre 2018, n. 131 in materia di Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell’adozione della dicitura «pane conservato».

Il testo del DM prevede che per “panificio” si intende l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.

Mentre per quanto riguarda le definizioni di «pane fresco» e «pane conservato» rimandiamo all’articolo pubblicato sulla nostra pagina il 30/07/2020. https://www.facebook.com/TuttoAlimentiConsulenza/photos/a.1283291851789612/3110351649083614/

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